Duch wolności i wierność prawu Chrystusa według Gal 6,1-10

dc.contributor.authorPosadzy, Andrzej
dc.date.accessioned2022-10-13T09:53:19Z
dc.date.available2022-10-13T09:53:19Z
dc.date.issued2003
dc.description.abstractSicuramente la Lettera ai Galati è uno dei testi più commentati, non solo del Nuovo Testamento, ma dell’intera Bibbia. Scritta in occasione d’un pericolo incombente su quella comunità, si distingue per concretezza, vivacità e immediatezza. Poche altre infatti rivelano così bene la personalità del loro autore. Vi sono insieme tutti gli elementi essenziali dell’insegnamento paolino. Dopo diventati cristiani i Galati, per un certo tempo sono rimasti fedeli alla dottrina di Paolo. Ma nuove dottrine, propagate senza dubbio da Giudei convertiti giunti da Gerusalemme, si erano diffuse tra loro. Secondo questi predicatori, ai quali si dà il nome di giudaizzanti, la salvezza dipendeva sopratutto dalla pratica della legge mosaica, e in primo luogo dalla circoncisione (cfr. Gal 6,12), perché soltanto essa avrebbe permesso di beneficiare delle promesse fatte da Dio ad Abramo, promesse attuate nelle persona di Gesù Cristo. Questa dottrina significava che il cristianesimo, il quale era cominciato come un movimento in seno del giudaismo, sarebbe rimasto sempre nell’ambito del giudaismo. Se si fosse lasciata trionfare l’idea dei giudaizzanti, il cristianesimo sarebbe rimasto una setta del giudaismo. San Paolo ritenne che questa dottrina era una distorsione del vangelo ed egli rispose, con la lettera, nella quale rimprovera i suoi convertiti per la loro incostanza, condanna i falsi dottori, e dà una giustificazione teologica della sua posizione - o piuttosto della vangelo ch’egli ricevette da Cristo - secondo il quale i gentili convertiti dovevano rimanere gentili e non si doveva permettere loro di sottomettersi alla circoncisione o di adottare il modo di vita dei giudei. Nella parte conclusiva (Gal 6,1-10) San Paolo espone la sua dottrina secondo la quale il cristiano non deve fare il suo interesse personale, ma quello del prossimo; può giudicare se stesso, ma non il suo prossimo; può gloriarsi della propria superiorità rispetto a quel che era una volta, ma non sopra quella del suo prossimo. Egli non deve assecondare gli allettamenti della propria carne, bensì vivere nella forza dello Spirito. Adesso è il tempo di seminare, il tempo della messe verrà più tardi. Se spargerà generosamente i suoi beni nel tempo presente, ne raccoglierà la messe nella vita eterna. Se impiegherà la ricchezza per la propria carne, raccoglierà rovine.it
dc.identifier.citationColloquia Theologica Ottoniana, 2003, nr 1, s. 30-46.pl_PL
dc.identifier.isbn83-7041-227-0
dc.identifier.urihttp://theo-logos.pl/xmlui/handle/123456789/1415
dc.language.isoplpl_PL
dc.publisherArcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczeciniepl_PL
dc.rightsAttribution-ShareAlike 3.0 Poland*
dc.rights.urihttp://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/pl/*
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dc.titleDuch wolności i wierność prawu Chrystusa według Gal 6,1-10pl_PL
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