Colloquia Theologica Ottoniana, 2003, nr 1

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    Kohelet – nauczyciel czasu kryzysu
    Briks, Piotr (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    Die Interpretation des Koheletsbuches gehört zu den schwierigsten Aufgaben der Exegeten. Meiner Meinung nach die meisten Schwierigkeiten entstehen aufgrund der falschen oder mindestens nicht völlig richtigen Voraussetzungen bei der Lektüre des Buches, das eher ein pädagogischer Diskurs als eine Überweisung der konkreten Hinweisen, Ratschläge oder Informationen sei. Kohelet lädt seine Schüler zur Diskussion, zum Nachdenken ein, das ein selbstständiges Denken und Entscheiden lernen sollte. Die bisherige Weise der Lehre könnte sich in der Situation der tiefen und vielflächigen Krise Israels ungenügend erweisen. Der Artikel besteht in drei Teilen. Das erste Teil stellt der neueste Stand der Forschung über die Integrität, das Entstehnungdatum und der Hintergrund des Buches vor. Das zweite Teil spricht von den unterschiedlichen Krisen dieser Zeit in Israel: die politische Abhängigkeit von der Griechen, socjale, ökonomische und gesellschaftliche Schwierigkeiten und vor allem tiefe religiöse Probleme der HI. Jh. BC. Dazu kann man noch bemerken, dass Koholet selbst eine persönliche Krise zu erleben scheint. Endlich das dritte Teil des Artikels zeigt die pädagogische Methoden des Verfassers des Buches, deren richtigen Verständnis, meines Erachtens, bei der Interpretation von Eklesiastes sehr behilflich sein könnte.
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    Terminologia ‘Gniewu Bożego’ w Biblii Hebrajskiej
    Strzałkowska, Barbara (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    Both the New and the Old Testament Books draw rich illustration of human feelings reffered to God. The described article treats of the Hebrew terminology concerning the wrath of God in the Hebrew Bible. There are more than several Hebrew terms that define the expressions of both human and God’s anger in the Old Testament. Among them the most important are: אף, חמה , חריך, כעם , (or כעש), קצף , זעם , זעף עברה , characterized more precisely in the main part of the article. The first part contains some of the introductory informations concerning the discussed matter and some particularities of terminology in the Hebrew language and its origins. The second part enumerates each of the most important Hebrew terms of anger and wrath, indicating, if it is possible, their sources, roots, occurrences and potential and conceivable meanings. It contains eight points, each about one of the eight main terms. The third and last part depicts some of the conclusions that may be drawn of the analysis of this termonology. The Hebrew terminology expressing the wrath of God is very rich and in teresting. It may be concidered as one of the aspects of biblical athropomorphism, or more specifically - biblical anthropopathism - which is the showing or treating God as if He was human in apperance or behaviour, and, in this particular case, as if He had human feelings. The expressions of God’s anger appear in the Hebrew Bible two times more than the expressions of human one! This explains why this subject is so relevant and intriguing. And even more important as we think of the problem that many people face - that the anger of God in the Bible, being so difficult to understand and hardly acceptable, may arise difficulties in reading, comprehending and appproving the whole theological messaggio of the Old Testament. For that reason the exact study of the terminology not only is the work concerming the language, but also may be the introduction to a further reasearch in the exegetic and theological field of the Old Testament studies.
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    Jednocząca moc Słowa Bożego w perspektywie Kościoła jako communio
    Siwecki, Leon (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    La forza unificante della Parola di Dio nella prospettiva della Chiesa come communio Alcune ricorrenze neotestamentarie della nozione di koinonia ci permettono di constatare come l’idea dominante sia quella di partecipazione ad uno stesso bene, di possesso comune di una medesima realtà. Significando la partecipazione accordata da Dio in Cristo per mezzo dello Spirito al suo amore e alla sua vita e al tempo stesso la relazione che si determina fra tutti i cristiani in forza del dono divino, essa rivela la natura profonda della Chiesa stessa. Tale realtà comunionale è da comprendere, secondo le indicazioni che emergono dal Nuovo Testamento, in stretto rapporto con la Parola annunciata e accolta nella fede. Uno sguardo alla testimonianza biblica sulla Parola di Dio ci porta a cogliere la sua concezione contemporaneamente soteriologica, missionaria ed ecclesiologica. L’annuncio è elemento essenziale alla nascita, sviluppo e permanere della Chiesa poiché per suo mezzo la comunità viene convocata, viene resa possibile la fede nel Signore, vengono condotti i credenti al battesimo e in esso incorporati alla comunità. Si può affermare che prima di essere una comunità eucaristica e battesimale, la Chiesa dev’essere comunità evangelica, cioè convocata dalla Parola di Dio. E noto come la Chiesa con il Vaticano II approfondisca e rinnovi la sua comprensione della Parola di Dio. Si deve ricordare che questo rinnovamento ha la sua preistoria nel movimento biblico, patristico e liturgico, oltre all’interesse ecumenico. L’approfondita comprensione della Parola avviene prima di tutto, però non esclusivamente, nella costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, la Dei Verbum. E sufficiente leggere i primi numeri della costituzione per prendere coscienza dello spostamento operato dal Vatican um II nell’affrontare il tema della rivelazione. Da una comprensione tendente a sottolineare la dimensione dottrinale, si passa all’accentuazione della rivelazione divina quale evento dell’automanifestazione salvifica di Dio in Cristo (DV 2-4). Si parla della rivelazione divina e della sua trasmissione, privilegiando, sia in rapporto al suo contenuto che al suo fine, la dimensione personale. Nel considerare la centralità della Scrittura nella Chiesa, il Vaticano II parla di un’identica venerazione che è riservata alla Scrittura e al Corpo eucaristico del Signore (DV 21). Tale affermazione viene sottolineata ed esplicitata attraverso il ricorso all’immagine delle due mense. Cristo è presente nella sua Parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura (SC 7). La costituzione Dei Verbum vede la Parola di Dio e conseguentemente la Scrittura come realtà dispensatrice di grazia. La Scrittura non ha solo una funzione conoscitiva. Possiede una valenza dinamica. Per la potenza dello Spirito, è nutrimento della fede, forza efficace di salvezza. Nella Dei Verbum vi è una comprensione della Scrittura come fonte di vita per la Chiesa e per il credente. Dai testi conciliari emerge una seconda serie di indicazioni. Esse riguardano la valenza ecclesiologica che riveste l’annuncio della Parola di Dio da parte della Chiesa. Nella costituzione Lumen Gentium si accenna soprattutto all’annuncio apostolico e al dovere che compete alla Chiesa di annunciare il Vangelo. Parlando della missione affidata agli apostoli dal Cristo di far discepole tutte le genti, si afferma che questi radunarono la Chiesa universale mediante la predicazione del Vangelo, accompagnata dall’azione dello Spirito. Il vangelo è perenne principio della sua intera vita (LG 19, 20). Alla luce dell’insegnamento conciliare e post-conciliare si può parlare di una dimensione al tempo stesso dinamica ed ecclesiologica della Parola di Dio I due aspetti sono intimamente connessi. La Chiesa, infatti, è la comunità di coloro che sono stati rigenerati dalla Parola viva di Dio. Da essa riceve nutrimento per la sua vita e per suo mezzo è madre poiché con la predicazione e il battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio (LG 64). Infine, occorre sottolineare che la Chiesa deve la sua esistenza alla Parola di Dio, è creatura verbi. Al tempo stesso è serva della Parola di Dio che le è donata nella Scrittura e nella tradizione. In quanto tale è anche ministra verbi. Si deve ricoradre che l’unità della Chiesa si realizza nella comunione e nell’annuncio della Parola.
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    Zagadnienie globalizacji religijnej w nauce Towarzystwa Teozoficznego. Część 1
    Wańka, Andrzej (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
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    Braterstwo międzyludzkie w perspektywie różnorodności religijnej
    Wańka, Andrzej (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
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    Judaizm, chrześcijaństwo i islam w pluralistycznym świecie
    Wańka, Andrzej (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
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    Dn 8,21 (BHS): od krytyki tekstu do jego interpretacji
    Korzec, Cezary (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    I risultati della ricerca sul Dn 8,21 si orientano contro una certa tendenza fondata sulla nota critica di BHS. L’editore del Dn in questo versetto sugerisce una possibilità d’emandazione del testo e in conseguenza propone di cancelare il termine: שעיד. Numerosi traduttori e commentartori del Dn facendo sua la proposta o trascurano il termino oppurre conservandolo gli danno svariate interpretazioni. Sembra che le posizoni prese in confomto del testo del Dn 8,21 dipendono dalla troppo automatica applicazione delle regole della critica textus e soprattutto dalla poca attenzione data al contesto e troppa concetrazione sul verseto stesso che presenta non poche difficoltà interptative. Nel nostro articolo con l’aiuto dell’analisi retorica che favoriscile uno studio integrale di un testo abbiamo riconsederato difficoltà legate all’ interpretazione di Dn 8,21. I raporti stabiliti grazie all’opereazione, analisi retorica, ci hanno permesso valutare di nuovo raggioni della presenza del termine non soltanto all’intero della frase ma anche nell’insieme del testo. Soltante a tale punto ci siamo dedicata alla ricerca lessicografica sul termine שעיד. Questa tappa di studio sempre collegata alla coscenza aquisita dall’ analisi retorica ci ha permesso dare al termine un significato che non soltanto basa su un lessico ma sulla presenza nell’insieme del capitolo ottavo di Dn.
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    Duch wolności i wierność prawu Chrystusa według Gal 6,1-10
    Posadzy, Andrzej (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    Sicuramente la Lettera ai Galati è uno dei testi più commentati, non solo del Nuovo Testamento, ma dell’intera Bibbia. Scritta in occasione d’un pericolo incombente su quella comunità, si distingue per concretezza, vivacità e immediatezza. Poche altre infatti rivelano così bene la personalità del loro autore. Vi sono insieme tutti gli elementi essenziali dell’insegnamento paolino. Dopo diventati cristiani i Galati, per un certo tempo sono rimasti fedeli alla dottrina di Paolo. Ma nuove dottrine, propagate senza dubbio da Giudei convertiti giunti da Gerusalemme, si erano diffuse tra loro. Secondo questi predicatori, ai quali si dà il nome di giudaizzanti, la salvezza dipendeva sopratutto dalla pratica della legge mosaica, e in primo luogo dalla circoncisione (cfr. Gal 6,12), perché soltanto essa avrebbe permesso di beneficiare delle promesse fatte da Dio ad Abramo, promesse attuate nelle persona di Gesù Cristo. Questa dottrina significava che il cristianesimo, il quale era cominciato come un movimento in seno del giudaismo, sarebbe rimasto sempre nell’ambito del giudaismo. Se si fosse lasciata trionfare l’idea dei giudaizzanti, il cristianesimo sarebbe rimasto una setta del giudaismo. San Paolo ritenne che questa dottrina era una distorsione del vangelo ed egli rispose, con la lettera, nella quale rimprovera i suoi convertiti per la loro incostanza, condanna i falsi dottori, e dà una giustificazione teologica della sua posizione - o piuttosto della vangelo ch’egli ricevette da Cristo - secondo il quale i gentili convertiti dovevano rimanere gentili e non si doveva permettere loro di sottomettersi alla circoncisione o di adottare il modo di vita dei giudei. Nella parte conclusiva (Gal 6,1-10) San Paolo espone la sua dottrina secondo la quale il cristiano non deve fare il suo interesse personale, ma quello del prossimo; può giudicare se stesso, ma non il suo prossimo; può gloriarsi della propria superiorità rispetto a quel che era una volta, ma non sopra quella del suo prossimo. Egli non deve assecondare gli allettamenti della propria carne, bensì vivere nella forza dello Spirito. Adesso è il tempo di seminare, il tempo della messe verrà più tardi. Se spargerà generosamente i suoi beni nel tempo presente, ne raccoglierà la messe nella vita eterna. Se impiegherà la ricchezza per la propria carne, raccoglierà rovine.
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    Salus animarum w posłudze pasterskiej Sługi Bożego kard. A. Hlonda wobec przybyłych na ziemie zachodnie i północne w 1945 roku
    Necel, Wojciech (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    Der andauernde Kanonisationsprozess des Kard. August Hlond, Primas von Polen, ist eine Gelegenheit zur Erinnerung an seine Biographie, seine geistige Gestalt und sein Lebenswerk. Zugleich ist es eine Erinnerung an jene Zeit, in der er lebte, als treuer Sohn Don Bosco während seines Lebens in der Ordens- und Priesterwürde, als Seelenhirt der ihm anvertrauten Diözese und Erzdiözesen sowie als Organisator der Seelsorge für die polnischen Emigranten. Die mit diesem Prozess verbundenen Arbeiten bieten auch eine Gelegenheit zur Erinnerung an entsprechende Geschehnisse aus seinem Leben und an sein seelsorgerisches Lehren. Darunter gibt es auch solche, die in ihren Verstehen oder ihrer Interpretation einige Zweifel hervorrufen oder sich vielseitig erklären lassen. Ein solches Ereignis ist die Rückkehr Primas Hlond nach Polen von seiner rastlosen Wanderschaft während des Krieges. Die speziellen Genehmigungen des Apostelstuhls, die er mitgebracht hatte, erlaubten ihm die Organisation des Kirchenlebens in den westlichen und nördlichen Gebieten, die im Rahmen der Abkommen in Jalta und Potsdam Polen zuerkannt wurden. Beim Betrachten dieses Problems sollte man in Erwägung ziehen, dass Polen, infolge der erwähnten politischen Vereinbarungen der Siegesmächte, in die Grenzen aus der Vorkriegszeit nicht zurückkehrte. Die Bevölkerung jedoch, die noch 1939 in den polnischen Gebieten lebte, welche aber 1945 von Polen abgeschnitten worden sind, wurde nach 1945 auf die westlichen und nördlichen Gebiete übergesiedelt. Unter den vielen Erklärungen der Tätigkeit des Kard. August Hlond wird oftmals vergessen, dass die endgültige Motivation seiner Handlungen zur Organisation des Kirchenlebens im Westen Polens in der seelsorgerischen Berechtigung lag und in gewisser Hinsicht in seinem bischöflichen Ausruf; Da mihi animas caetera tolle zusammengefasst war. (K. Purrmann).
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    Archeologia – Teorie Metody Praktyka
    Briks, Piotr (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
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    Sprawozdanie z 41. Sympozjum Biblistów Polskich
    Briks, Piotr (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
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    Rodzinne uwarunkowania zachowań patologicznych dzieci i młodzieży
    Harasimiak, Grzegorz (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    Die Familie wird als die wichtigste Institution in der Vorsorge und Bekämpfung von pathologischem Benehmen der Kindern und Jugendlichen gesehen. In ihr kreuzen sich zwei Sphären, die Schlüsselbedeutung bei der Formung von Persönlichkeit haben. Das Einzelwesen bekommt auf dem dem Weg der Weitergabe vom Leben seine biopsychologische Struktur, die potenzielle Entwicklungsmöglichkeiten bestimmt. In der Familie wird es auch seit Anfangs des Lebens erzogen. In dem Artikel werde ich eine Synthese der Meinungen zum Thema der Bestimmung vom pathologischen Benehmen junger Menschen durchführen. Gleichzeitig versuche ich bedeutende Fragenkomplexe und Mechanismen darzustellen, deren Ursachen in der Familie liegen. Durch sie kann man leicht konkret feststellen, warum gerade diese Institution von großer Bedeutung bei der Formgestaltung des Menschen ist. Mein Artikel soll auch die in ihr vorkommenden Erscheinungen aufweisen, die zu der Enstehung und dann der Entwicklung von pathologischen Benehmensweisen bei Kindern und Jugendlichen führen können.
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    Problematyka biopsychicznych determinantów zachowań przestępczych
    Harasimiak, Grzegorz (Arcybiskupie Wyższe Seminarium Duchowne w Szczecinie, 2003)
    Die Deutung der Ursachen von Straftaten als Ganzheit veschiedener Elemente ist eine schon seit Mittelalter gekannte Konzeption. Die Erweiterung des Wissens über den Menschen, Entwicklung der Wissenschaft sowie der empirischen Entwicklungen gab den Anlass zur Formulierung neuer Theorien auch in diesem Bereich. Seit Jahren werden zwei Sphären von Elementen genannt, die Einfluss auf menschliches Benehmen ausüben: biologisch - psychologische und soziologische. In dem folgenden Artikel versuche ich die Hauptrichtungen von den Forschungen zu skizzieren. Auf grund dessen kann man eine These stellen, dass eine bestimmte psychophysische Konstruktion noch keine Determination zu pathologischen Benehmensweisen bedeutet. Das führt zur Festigung der anthropologischen Betrachtung des Menschen als eines Wesens, das den allgemeinen und unveränderlichen Gesetzen unterliegt. Das menschliche Wesen ist in der Lage den genannten Gesetzen gerecht zu werden, weil es in seiner Natur von dem Schöpfer mit Freiem Willen, Bewusstsein und Empfindung des Gutes und Böses beschenkt wurde.